Scuola felice



Sei anni: primo giorno, prima elementare, sono felice, curiosa di questa nuova avventura che mi fa sentire grande! Mi guardo attorno, facce tristi ed impaurite, non capisco il perché. Catapultati in una stanza asettica, costretti in seggioline scomode per molte ore ad ascoltare, fermi e muti, un omone che entra armato di verga in una mano e foto del presidente Leone nell’altra. Pochi preamboli, appello, sguardo severo e subito a ripetere le vocali e scriverle alla lavagna. Noi dobbiamo copiarle sul quaderno, infinite righe di aaaaaoooooeeeeeiiiiiuuuuu. Mi stufo, mi annoio, mi alzo, faccio la cartella, dico “ciao!” e vado a casa. Ero abituata ad andarmene alla chetichella alla materna, la casa madre delle suore confinava con il giardino di casa mia. Non ho tempo da buttare io, a casa mi aspettano i miei animali, sopratutto cani e gatti, hanno bisogno delle mie attenzioni e cure. Gli ultimi arrivati poi, non sono ancora ben inseriti e rischiano di essere azzannati dai cani più vecchi, i capibranco. Il mio è un lavoro di amore e costanza, in cui insegno loro la convivenza, la cooperazione, non sopporto le gerarchie e gli abusi di potere, ma ancora non so dare nome a questi meccanismi, non ho associato che la scuola in cui sto entrando ne è regolata. I miei animali sono rigorosamente trovatelli meticci, abbandonati, salvati dalle acque. Con le canne di bambù pesco dal fiume i sacchi che i contadini lanciano con le cucciolate indesiderate o vago in bici per le strade di campagna alla ricerca dei reduci da incidenti e accade che ne trovi di feriti sul ciglio della strada. 
Vivo in campagna, libera, con molto spazio verde per giocare, pensare ed ospitare animali. L’inserimento dei nuovi arrivati è la fase più difficile. Ogni volta bisogna ripristinare un nuovo equilibrio. Io lavoro sui “vecchi” li vedo come privilegiati perché hanno casa, cibo, cure e il mio affetto, dunque sono loro che devono creare spazio interiore ed esterno ai nuovi, impauriti affamati, feriti. La mia presenza “regolatrice” è fondamentale. I vecchi sanno che non devono ringhiare mentre mangiano obbligatoriamente dalla stessa ciotola dei nuovi. Se ciò accade, vengono allontanati dal cibo e saltano il pasto. Ho adottato la tattica di poche regole ma ben chiare. So che se solo una volta sgarro sul rispetto delle regole scoppia l’anarchia! Le regole le ho dedotte dall’esperienza e dall’osservazione. Passo ore a guardare le loro interazioni dalla finestra in modo che non possano vedermi, ho bisogno di capire cosa pensano, quale è il peculiare carattere di ognuno di loro. Mi accorgo presto che non c’è differenza con gli esseri umani: prepotenza, paura, insicurezza, temerarietà, ironia, furbizia, pigrizia...

La convivenza è il mio obiettivo primario. Se voglio poter ospitare più animali possibili è necessario che non litighino, altrimenti mio padre mi vieterà di portarne a casa di nuovi. C’è un’unica casetta come possibile rifugio per gli inverni rigidi, dunque cani e gatti dovranno convivere insieme. Il cambiamento parte dalle generazioni più giovani, meno fossilizzate in abitudini stereotipate.
 Trasferisco Duchessa e i suoi gattini neonati nella casetta dove Lilli ha appena partorito quattro splendidi cagnolini.  Duchessa non è per niente contenta, mi guarda come se io fossi pazza, ma mi ama perché riesco quasi sempre a salvare tutte le sue cucciolate dalle sgrinfie di mia nonna.
Passo un pomeriggio intero a correre avanti ed indietro perché Duchessa non ne vuole proprio sapere di cambiare tana e li riporta ad uno ad uno nell’ultimo cassetto del comò in camera della nonna. Stremate entrambe, la sera sistemo la cuccia e i gattini dentro la vecchia cassapanca abbandonata nella casetta in modo che Duchessa si senta protetta, in posizione sopraelevata rispetto ai cani  così da averli sotto controllo. La premio con un bocconcino prelibato nella speranza che si riappacifichi e non sposti la prole di notte. Lilli dal canto suo è serafica, talmente concentrata sui suoi 4 maialini rosa-arancio come lei. Non ricordo se fosse quella la sua prima cucciolata, ma ricordo il suo spirito materno ed il suo amore incondizionato nei miei confronti. Le salvai la vita in una gelida mattina bianca di brina, tremava così tanto di freddo e paura che l’uomo che le aveva puntato addosso la carabina credeva che avesse la rabbia; mi buttai a peso morto su di lei per evitare che le sparasse. Meglio avere sempre ben chiara la differenza tra “fatti” ed “opinioni” onde evitare errori madornali. I fatti vanno constatati di persona e non per sentito dire. Se A mi dice che B ha la rabbia, per buona regola a mia volta riferirò a C che A ha detto che B ha la rabbia. Dire semplicemente che B ha la rabbia senza aver constatato fa nascere fraintendimenti, maldicenze, supposizioni, interpretazioni, per non parlare dell’uso indebito della carabina! E’ doveroso dichiarare ciò che è nostra opinione per evitare di condannare e crocefiggere piuttosto che incoronare la persona sbagliata! Per capire come funziona basta leggere a voce alta un testo e poi chiedere agli ascoltatori di riportare ciò che hanno sentito. Ognuno dirà cose diverse, sia perché siamo abituati ad un ascolto selettivo e cogliamo solo ciò che ci colpisce sia perché attribuiamo significati in modo soggettivo.

Poche settimane e i cuccioli cominciarono a far muscoli, i più curiosi e coraggiosi ad esplorare, nemmeno un mese e misero i musini fuori dalla casetta. A ridosso del salice li aspettava un super premio, omogeneizzato di manzo!  Il profumo della carne convinceva anche i più pigri e fifoni, quelli che ancora si ostinavano a non mollare la mammella ormai sfinita, a lasciare il certo per l’incerto e andare all’avventura, quando si dice che la motivazione e il desiderio smuovono le montagne! La ciotola ovviamente era la stessa per cani e gatti. Il risultato fu un leccamento, spulciamento, agguati e rincorse reciproche. Non c’erano più cani e gatti ma cuccioli che condividevano cibo, spazio ed esperienze. Imparai così che prima di ogni separazione che la mente umana crea, dettata dall’addestramento culturale e dai pregiudizi dell’educazione,  dal potere economico, politico, religioso…non ci sono buoni e cattivi, giusti e ingiusti, belli e brutti, ricchi e poveri, ma persone, solo persone, siamo tutti PERSONE. Ogni persona è poi unica ed irripetibile:  carattere, attitudini, aspetti interiori ed esteriori, per quanto possano apparire simili per la mente umana addestrata esclusivamente ad essere associativa, avranno sempre sfumature differenti e che proprio queste sono la linfa vitale di ogni relazione.

C’erano proprio delle cose di Duchessa che non potevo accettare: non si fanno le imboscate al passero che si è appoggiato un attimo sull’erba per beccare la briciola! A parte che l’erba del MIO giardino è di chi decido io! In ogni caso una duchessa non imbroglia, non prende di sorpresa, non uccide! Le aprii le fauci per salvare il malcapitato, purtroppo morì la sera stessa.
 “Non interferire mai col decorso della natura, le sue leggi sono perfette, osserva, comprendi, accetta ed impara. In natura non c’è bene e male, siamo noi che attribuiamo questi significati, gli animali hanno cose più vere a cui pensare” furono le parole di mio padre.  Ma chi inventa i giudizi? Chi decreta cosa è bene o male, giusto o ingiusto? Ad esempio, chi ha deciso che non devo usare la mano sinistra per scrivere, pena bacchettate sulle nocche? E chi ha deciso di escludermi dai giochi di banda pomeridiani? Non ho risposte a queste dolorose domande da seienne, ma mi convinco che in me ci sia qualcosa che non và, che agli altri non piace e per la quale non vengo accettata. Così decido di attuare la stessa strategia che osservo nei miei animali: affronto la capo-branca! Le parlo, le chiedo perché ce l’ha con me, perché vengo esclusa dal gruppo, lei mi dice che è gelosa, che teme che io possa rubarle la sua amica del cuore. Ragioniamo insieme e arriviamo alla conclusione di fare un patto di amicizia leale ed equanime, tutte per una e una per tutte!
 Fantastico! Scopro il potere del dialogo nel senso etimologico della parola, quello che non cerca né ragioni né giustificazioni, ma ha il coraggio di dichiarare apertamente le proprie intenzioni ed emozioni, col desiderio di trovare una soluzione insieme e alla pari!

La capo branca e la sua amica del cuore, di un anno più grandi di me, avevano l’aula adiacente alla mia, comunicavamo in alfabeto morse, battendo sul muro con un sasso. Era di vitale importanza per me trasmettere loro il momento propizio nel quale poter sottrarre dalla cattedra la fatidica verga che sempre puniva la mia mano sinistra! Spalle coperte dalle mie 2 sentinelle, presi la bacchetta e dopo averla spezzata con soddisfazione indicibile sul ginocchio, la feci sparire per sempre! Quando non capisci, non trovi un senso e non ti vengono fornite adeguate spiegazioni, non arrovellarti il cervello, a volte la ricerca del perché non porta a nulla, cercare le cause focalizza indietro, su un passato che non c’è più, anziché stare nel qui ed ora per trovare un come, un modo per uscire dal disagio! Avevo infranto una regola ma il maestro da allora non usò più la verga. Dovetti così rivedere alcune delle regole che imponevo ai gattini. Mi chiesi se forse quelle regole non funzionassero e non portassero a nulla proprio perché insensate.
Se prerogativa dei gatti è arrampicarsi, pensavo che fosse bene addestrarli fin da subito a questa competenza. Così piazzavo i gattini sui tronchi degli alberi col risultato che se riuscivano a salire, poi terrorizzati guardavano in giù e non sapevano fare retromarcia! Che incompetenti, non si applicano, fannulloni e fifoni! Alcuni si lasciavano cadere a terra a peso morto, pazzi! Altri avvinghiati al tronco con le loro unghiette ancora morbide chiedevano aiuto piagnucolando. I più temerari salivano fino in cima, incoscienti, sulla punta dell’ultimo ramo e così dovevo arrampicarmi per salvarli.
Duchessa, sempre presente osservava a distanza senza mai intervenire e ogni tanto diceva loro qualcosa che io non capivo. Perché Duchessa, mamma super attenta non interviene? Perché questi mocciosetti non imparano nulla sull’arrampicata? Forse che sono io che sto sbagliando qualcosa?  Già, bastò il poco  tempo necessaro alla loro crescita per farmi capire l’idiozia dei miei inutili tentativi di anticipare le competenze. E’ proprio vero che c’è più tempo che vita! Ognuno e ogni cosa ha tempi propri, osservare la natura aiuta a comprenderli e rispettarli. Il perché si debba saper leggere e far di conto a 5 anni è il medesimo per il quale si pompano gli ortaggi e i polli!...

La scuola era una noia mortale, cosa volessero da me non lo capivo, la maestra di mio fratello era decisamente più simpatica e faceva vedere in classe dei filmati. Così approfittavo e andavo in quinta per rigenerarmi un po’. Il mio maestro si era ormai rassegnato, sapeva che ogni tanto avevo bisogno di sgranchire anima e corpo e che le maniere forti non funzionavano con me. La mia forza era non avere paura. Perché avrei dovuto averne? Paura di che cosa? Non capivo i miei compagni, c’erano parecchie cose che non funzionavano eppure nessuno osava parlarne: ad esempio la ricreazione era talmente breve da non riuscire nemmeno a finire il panino. E quei banchetti disposti a file che parlavano da sé: primo banco primo della classe, ultimo banco asino! Al di sopra di tutti si ergeva poi la cattedra da dove il maestro aveva il controllo anche delle mosche. Sinceramente, un giorno mi sentivo brava ed un altro asina così cambiavo postazione di continuo, non c’era altra possibilità dato che il maestro si rifiutò di mettere i banchi a semicerchio. Solo col nuovo maestro in quarta elementare ottenni giustizia e i banchi furono spostati e finalmente ci potevamo vedere tutti in faccia! Pare che tutte le ricerche sulla prossemica ed in generale sulla comunicazione non verbale, fondamentali per la qualità delle relazioni, non siano ad oggi considerate in debito modo con la conseguenza che inviamo  e riceviamo di continuo messaggi in modo inconsapevole e creiamo meccanismi di interazione altrettanto inconsapevoli.
Perché cinesica e prossemica non sono materie di studio obbligatorie? Forse perché conoscere strumenti efficaci per decifrare e scambiare messaggi autentici ci renderebbe più consapevoli e liberi? Oppure perché temiamo di confrontarci con noi stessi e con l’altro? Già perché il corpo parla, e lo fa in modo vero e diretto. Le espressioni facciali, la postura, il modo che abbiamo di stare e muoverci nello spazio esprimono i nostri sentimenti, emozioni, pensieri e desideri. Il corpo è il presupposto di tutte le  relazioni umane. E dunque perché non sappiamo leggerlo ed anzi,  lo camuffiamo con trucco, silicone, lifting e quant’altro, soffocando così le voci più vere e profonde?

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